Le
“rovine contemporanee” non sono un fenomeno segnatamente
italiano, il concetto di Junkspace, come “residuo” della
modernità che usa e getta il territorio così come
qualsiasi altra risorsa a disposizione, è stato già
ampiamente delineato da Koolhaas.
Tuttavia in Italia si manifesta in modo peculiare,
intrecciandosi con il complesso contesto sociale,
politico e culturale. Quelle delle opere pubbliche
incompiute è, ad esempio, un fenomeno tipico del Bel
Paese; e denota, come sostiene il gruppo di ricerca
costituitosi nell'associazione “Incompiuto Siciliano”,
nel profondo, il rapporto dello Stato con l'architettura
dal secondo dopoguerra.
Le scelte politiche, sociali e culturali condotte
dall'Italia nell'ultimo sessantennio sono state
sostenute dall'indebitamento, dal consumo incontrollato
del suolo e dalla compromissione del paesaggio;
producendo ovunque vaste aree di abbandono: architetture
o paesaggi obsoleti che risulta più economico
abbandonare, a vantaggio di nuove occupazioni di suolo,
piuttosto che riadattare alle mutate esigenze.
Oggi il vasto interesse che si riscontra in molteplici
ambiti disciplinari denota la diffusa presa di coscienza
sulla necessità di intervenire sul problema. Le
soluzioni di riuso, tuttavia, restano al di fuori dei
circuiti economici tradizionali e si attivano quasi
sempre grazie ad iniziative pubbliche o di associazioni
senza fini di lucro, per senso civico o per la volontà
di migliorare la condizione urbana o proteggere
determinati paesaggi. Per questo motivo le pratiche di
riuso devono saper leggere il contesto ed integrarsi nei
circuiti sociali che chiedono spazi per bisogni
inesprimibili nella città contemporanea: il bisogno
latente di fare comunità, il mondo della cultura,
dell'arte informale e delle economie marginali. Con
questi presupposti emerge la necessità di avvalersi di
strumenti di programmazione culturale, come il “Cultural
Planning”, capaci di leggere il territorio nella
complessità del suo contesto (lat. Con-tèxtus: tessuto
insieme, intrecciato) ed elaborare strategie di ampio
raggio per mettere a sistema le potenzialità e le
risorse a disposizione, definendo come strategico il
ruolo della cultura nella rigenerazione dei paesaggi
dell'abbandono.
E' di grande interesse, anche a fini operativi, la
dimensione semantica sottesa al rudere moderno: la
rovina qui chiamata “contemporanea” (a distinguerla
dalla rovina classica: romana o greca, della tradizione
“rovinista” romantica). Queste rovine
“surmoderne” non si caricano di significati
escatologici, non innescano riflessioni sul Tempo né si
circondano di un aura di sacralità, al contrario,
suscitano quasi sempre indignazione ed il desiderio, a
seconda dei casi, della demolizione o del riuso.
Convivere con le rovine contemporanee, a differenza di
quelle classiche, risulta intollerabile per chiunque
abbia a cuore il proprio territorio, ma le risposte sul
loro futuro devono giungere a seguito di attente analisi
che superino la dicotomia tra abbattimento e ripristino
completo, entrambe impraticabili nell'attuale sistema
economico.
Il progetto proposto dal lavoro di tesi consiste nella
valorizzazione e parziale riuso del contesto edilizio
abbandonato di Consonno, una frazione del Comune di
Olginate. Consonno ha avuto tre vite: fin dalla sua
nascita in epoca medievale è stato un piccolo villaggio
a vocazione rurale, poi trasformato in “Città dei
balocchi” da un improbabile nobile lombardo ed infine
abbandonato a seguito al fallimento del progetto
imprenditoriale. Oggi Consonno è in stato avanzato di
degrado ma conserva un certo fascino dovuto alla
stratificazione di storie ed eventi del suo recente
passato, emblematici anche della storia italiana di
quest'ultimo sessantennio. Il progetto propone, in
collaborazione con diversi attori, la costituzione di un
luogo per la cultura, l'arte e la memoria, tra le rovine
di Consonno: un “Parco delle Rovine”, luogo della
“difesa” di oggetti capaci di far scaturire idee (lat.
parcus: coprire, riparare, difendere e lat. ruina da
ruere: precipitare, cadere, abbattere o (Flick) scr.
rùta: “fare impeto”). Il programma architettonico
prevede la costituzione, tramite il riuso delle
strutture esistenti, di spazi esposivi, sale per
seminari e conferenze, spazi studio oltre che di una
struttura ricettiva di supporto e di un “Giardino della
memoria”: un campo di grano seminato tra i resti
dell'antico borgo. |