La Biennale di Venezia

Le linee generali dell’11. Mostra Internazionale di Architettura

diretta da Aaron Betsky e intitolata Out There. Architecture Beyond Building

Venezia (Arsenale e Giardini), 14 settembre – 23 novembre 2008

Vernice 11 – 12 – 13 settembre 2008

 
Venezia, 11 marzo 2008 – Si terrà a Venezia da domenica 14 settembre a domenica 23 novembre 2008, ai Giardini e all’Arsenale, l’11. Mostra Internazionale di Architettura dal titolo Out There. Architecture Beyond Building, diretta da Aaron Betsky e organizzata dalla Biennale di Venezia presieduta da Paolo Baratta. La vernice avrà luogo nei giorni 11, 12 e 13 settembre 2008.
 

Secondo Aaron Betsky - già direttore per sei anni del Netherlands Architecture Institute (NAI) di Rotterdam, uno dei più importanti musei e centri di architettura del mondo, e dallo scorso anno direttore del Cincinnati Art Museum – con il suo titolo Out There. Architecture Beyond Building, l’11 Mostra vuole esporre un dato di fatto ovvio: l’architettura non è ‘il costruire’.

Gli edifici sono oggetti, e l’atto del costruire produce gli oggetti-edifici, ma l’architettura è qualcosa d’altro. E’ il modo di pensare e di parlare sugli edifici; è il modo di rappresentarli, di realizzarli: questo è architettura. E’ tutto ciò che riguarda l’edificio e l’edificare; è ritrarre, dare forma e forse offrire anche delle alternative decisive all’ambiente umano.

Non basta più lasciare fuori la pioggia, fare spazio a uffici-alveare, e neppure sforzarsi per inserirsi in un contesto in costante trasformazione o divenuto artificialmente immobile.

Gli edifici non sono più la soluzione: sono la tomba dell'architettura, ciò che resta di quel desiderio di costruirci un mondo nuovo, migliore e aperto ad altre possibilità oltre il quotidiano.

In concreto, architettura è ciò che può farci sentire a casa nel mondo. Che vuol dire anche produrre case, uffici e gli altri posti dove viviamo, lavoriamo, ci riuniamo, ci divertiamo. Ma la realizzazione di questi spazi è diventata così definita da norme e regole – finanziarie, costruttive, di salute, di sicurezza, di codici informatici, di comportamento e di apparenza – che l’architettura ha molto poco a che fare con il risultato finale.

Solo in poche occasioni - quando un committente facoltoso domanda una casa o un museo richiede un’opera culturalmente simbolica – troviamo esempi architettonici che danno forma, con sensualità e sensibilità, all’ambiente circostante, in un modo che ci permette di sapere dove siamo.

 

Allo stesso tempo, però, possiamo godere di spazi ideali nei film, nell’arte, che spiegano ai nostri occhi visioni di mondi immaginari. Possiamo viverli quando sono interni attentamente disegnati, che siano camere d’albergo, club, ristoranti o boutique, ormai divenuti luogo di aggregazione. Possiamo vederli crescere attorno a noi nei paesaggi accuratamente progettati, gli ultimi veri spazi pubblici.

Vale la pena di osservare questi esperimenti non per il loro valore estetico, ma perché stiamo affrontando sfide per le quali gli edifici non bastano. Come riusciremo a risolvere il problema degli sprawl, per esempio? Se le nostre città continuano a espandersi in un concatenarsi di residenze, che attraversano il paesaggio senza riguardo per l’ambiente naturale e sociale, come possiamo creare un’architettura che usi il territorio con saggezza? Che ci aiuti a relazionarci tra noi e con il mondo in cui viviamo, che ci faccia sentire a nostro agio e ci connetta in un più ampio tessuto economico, sociale e fisico?

Come possiamo sentirci a casa in un mondo dove il continuo spostamento di beni, persone e informazioni corrode ovunque il senso di stabilità? Come possiamo realizzare un ordine fisico che possa divenire uno scenario di vita in comune, se le costruzioni dove viviamo e agiamo sono l’invisibile risultato di tecnologie comunicative e informatiche?

 
Forse abbiamo bisogno di vedere l’architettura soprattutto come un modo di capire ciò che è necessario costruire, e cosa non lo è. Come possiamo realizzare spazi che abbiano senso e sensualità? Possiamo costruire immaginari momenti di coerenza? Possiamo svelare e addomesticare le forze che controllano la nostra quotidianità, di solito appannaggio di una natura tecnologica, in modo da sentirci finalmente a casa nel mondo? Per riuscirci forse abbiamo bisogno di uno “spazio decelerato” – non immobile, non utopico, ma nemmeno il solito. C’è bisogno di icone e di enigmi per farci ragionare. Di esperimenti, di qualche struttura provvisoria, qualche schizzo e qualche mappa che ci indichi come muoverci al di là della costruzione e della costrizione degli edifici, per creare un’architettura che non risolva problemi, ma li ponga, li evidenzi e li articoli. Ci serve un’architettura che interroghi la realtà.
 

Questa è la sfida dell’11. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia. Raccogliere e incoraggiare la sperimentazione: quella delle strutture effimere, delle visioni di altri mondi o di prove tangibili di un mondo migliore. Questa Biennale non vuole presentare progetti esistenti o in via di realizzazione e non vuole nemmeno proporre soluzioni teoriche e astratte alle istanze sociali, ma intende vedere se l’architettura, sperimentando nella e sulla realtà, può offrire forme concrete e immagini seduttive. L’uso di nuove tecnologie si può considerare anch’esso sperimentazione, come del resto le tecniche sviluppate al di fuori del mondo che solitamente pensiamo come architettura: l’arte visiva e performativa, il cinema, il disegno del paesaggio e degli interni. Nella pratica, la tecnica del collage e dell’assemblaggio, il riuso e la ricostruzione, la decostruzione e la deformazione, l’effimero della forma e l’immaginario utopico o distopico, la proposizione del brutto, dell’informe, di ciò che non è deciso né definito, tutte queste sono possibilità. In realtà c’è una storia segreta dell’architettura, distinta dal susseguirsi degli stili e dai capricci della perfezione tecnologica, che ha usato proprio questi elementi per concepire un’altra architettura: è in questa tradizione che si pone l’11. Mostra”.

Out There. Architecture Beyond Building presenterà, negli spazi dell’Arsenale, installazioni che si domanderanno come è possibile essere a casa nel mondo. Offriranno un’alternativa alla pianificazione urbana convenzionale, con un’architettura “virale”. L’esposizione accoglierà i manifesti d’intento di un fare architettura oltre il costruito. E mostrerà visioni che potranno diventare le pietre angolari di questo pensiero. Tra i partecipanti: Diller Scofidio+Renfro, UN Studio, Jurgen Mayer H.,  Massimiliano Fuksas, Nigel Coates, Erik Adigard, Work Architecture, Droog Design, Philippe Rahm and Kathryn Gustafson, e architetti che creeranno forme “virali”.

Il Padiglione Italia sarà un monitoraggio sull’architettura sperimentale, e metterà in mostra il lavoro di nomi da tutto il mondo, più numerosi esempi di come la rete Internet può accrescere e migliorare questa collezione di immagini e forme.  Questa ricognizione sarà agganciata a una esibizione monografica di firme che hanno fatto della sperimentazione il proprio metodo:  Frank Gehry, Herzog & de Meuron, Morphosis, Zaha Hadid, Coop Himmelb(l)au. 

 
L’11. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia presenterà inoltre, come di consueto, le Partecipazioni nazionali, con proprie mostre negli storici Padiglioni ai Giardini, oltre che nel centro storico di Venezia.
 
Anche per questa edizione si prevedono selezionati eventi collaterali, proposti da enti e istituzioni internazionali, che allestiranno le loro mostre e le loro iniziative a Venezia in concomitanza con l’11. Mostra.
 
Aaron Betsky sta assemblando l11. Mostra Internazionale di Architettura  con l’aiuto di  un gruppo  internazionale di  curatori: Francesco Delogu, Emiliano Gandolfi, Casey Jones, Reed Kroloff, Marcin Szczelina and Saskia van Stein.  Lo studio Thonik di  Amsterdam lavorerà con  lui alla creazione della grafica che darà identità  e immagine alla  Mostra.
 

Questo lavoro sarà alla base di un catalogo e di una serie di conferenze e dibattiti. Il catalogo dell’11. Mostra sarà edito da Marsilio. Il sito web ufficiale è www.labiennale.org.

 
Aaron Betsky. Cenni biografici
 

Nato a Missoula (Montana, USA) nel 1958, formatosi fra Olanda e Stati Uniti, Aaron Betsky porta alla Biennale di Venezia una vasta e multiforme esperienza curatoriale, manageriale, storico-critica e negli allestimenti espositivi dell’architettura.

Già Direttore dal 2001 al 2006 del Netherlands Architecture Institute (NAI) di Rotterdam, uno dei più importanti musei e centri di architettura al mondo, ha ricoperto per tre edizioni (2002, 2004, 2006) l’incarico di Commissario del Padiglione dell’Olanda alla Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia.

In occasione dell’8. Mostra (2002), il Padiglione olandese curato da Aaron Betsky ha ottenuto il Leone d’oro per il miglior Padiglione straniero.

Dopo aver compiuto gli studi superiori in Olanda, Betsky si è laureato alla Yale School of Architecture (USA), e  sta conseguendo il Ph.D. in Storia dell’Architettura alla Technical University di Delft (Olanda).

Attualmente Direttore del Cincinnati Art Museum (dal 2006), uno dei più importanti e antichi (125 anni) degli Stati Uniti, in precedenza, dal 1995 al 2001, è stato Curatore per l’architettura al San Francisco Museum of Modern Art.

Betsky è un prolifico saggista e giornalista, autore di una dozzina di libri a partire da Violated Perfection: Architecture and the Fragmentation of the Modern (1990) e di numerose collaborazioni con le più importanti riviste specializzate internazionali. Ha scritto per il “Los Angeles Times” (1991-1994), ha collaborato, tra le molte testate, con il “New York Times”, “Domus”, “Deutsche Bauzeitung“, “Artforum” e Metropolitan Home”.

E’ stato titolare della cattedra di architettura Eero Saarinen all’Università del Michigan, ed è stato Visiting Professor nelle principali università degli Stati Uniti: alla Columbia University di New York, al California College of Arts di San Francisco, alla School of Architecture di Houston, al Southern California Institute di Santa Monica

Membro onorario del British Institute of Architects (2004), è stato premiato dall’American Institute of Architects (2001).

Dal 1985 al 1987 ha collaborato con lo studio Frank O. Gehry Associates, Inc. (Venice, California).

Fra i suoi ultimi libri, What is Modernism (Phaidon Press, in uscita ad autunno 2008) e The United Nations Building (Thames & Hudson, 2006).

 

Ca' Giustinian 1364 San Marco - ph.+39 041 5218711 fax +39 041 5218810 30124 Venezia

Per ulteriori informazioni

Ufficio Stampa la Biennale di Venezia

Tel. 041 5218857 – 041 5218849

e-mail infoarchitettura@labiennale.org;

http://www.labiennale.org


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